IL TEMPO DEGLI ALBERI - INTRODUZIONE

                                                                                Perduti nella frenesia quotidiana, spesso ci sorprendiamo a pensare agli alberi come ad esseri più o meno immutabili; non

                                                                                molto diversi da una casa o da una montagna. Siamo prigionieri del nostro punto di vista (che poi, laddove esso viene

                                                                                compresso negli schemi ideologici o soffocato negli stereotipi, diviene pregiudizio).


                                                                                Ma anche gli alberi hanno una vita complicata, magari anche frenetica, dal punto di vista della loro percezione temporale. E

                                                                                allora, per loro, noi forse siamo solo farfalle di un giorno. Qualche volta siamo anche parassiti letali, che nel breve battito d'ali

                                                                                della nostra esistenza, siamo pur capaci di fermare il lungo respiro degli alberi.


                                                                                Nel loro mondo apparentemente immoto, gli alberi devono lottare per sopravvivere, soprattutto per procurarsi spazio, luce e

                                                                                acqua. E devono superare eventi catastrofici come incendi, siccità e malattie. Come ogni altra specie biologica, devono

                                                                                sottostare alle urgenze della nutrizione e della riproduzione, e devono adattarsi a una condizione ambientale specifica, che

                                                                                molto raramente è quella ideale. Ogni pianta ha una sua identità e probabilmente una certa consapevolezza (come sembra

                                                                                provato fin dai lontani anni Sessanta e da quei primi esperimenti del ricercatore Clive Baxter con una pianta di Dracaena

                                                                                massangeana).


                                                                                Le associazioni botaniche (ovvero, gli insiemi di specie adattate a un determinato ambiente) sono allora come delle società,

                                                                                anzi, delle culture complesse, stratificate. E un bosco possiamo immaginarlo come una vasta città, brulicante di stimoli


                                                                                esistenziali. Questo mondo (il regno vegetale nel suo insieme) è ancora il fattore determinante della vita sulla Terra. Da quel 95

                                                                                per cento di massa biologica terrestre rappresentato dalla flora, infatti, nonostante l'esibizionismo della specie Homo sapiens, dipendono per lo più le possibilità di esistenza di ogni forma di vita presente sul pianeta.


I dati scientifici più attendibili stabiliscono che l'età della Terra si aggira sui 4 miliardi e mezzo di anni. Le prime forme di vita furono i microrganismi. Dopo che questi ebbero colonizzato e condizionato il suolo e l'acqua, trasformando le sostanze organiche e minerali disponibili in elementi nutritivi adatti all'assimilazione, vennero i primi vegetali.


Furono questi a trasformare la Terra da un ambiente affatto tossico a un mondo adatto alla vita, permettendo l'esistenza degli organismi animali, al cui insieme appartiene anche l'uomo.


Le piante crearono l'ambiente che conosciamo, realizzando un sistema biologico completo e capace di regolarsi in modo autonomo: un mondo di straordinaria complessità, ma in magico equilibrio. Almeno fino alla recente evoluzione tecnologica della specie umana...


La cosiddetta biodiversità è un concetto per niente artificioso: è il libro scritto dalla Natura, che contiene la lista di tutti gli anelli necessari alla preservazione dell'equilibrio da cui dipende la vita. Tutti gli anelli sono indispensabili. Cancellandone anche solo uno, magari per ambigue (quanto evanescenti) convenienze economiche, si va a incidere sulle possibilità della vita, ed entro certi indefinibili limiti, si compromette di fatto anche la nostra stessa possibilità di esistere.


Un albero, anche considerato di per se, è capace di produrre un ambiente totale di enorme complessità. Basti considerarne per esempio l'apparato radicale, la cui sfera di influenza nel terreno manifesta specifiche qualità biologiche, diverse da quelle circostanti. Le radici infatti emettono sostanze (amminoacidi, zuccheri e altre cose) che favoriscono l'esistenza dei microrganismi utili ostacolando contemporaneamente le possibilità di sopravvivenza dei microbi nocivi. Ogni pianta esprime diverse qualità in relazione a ciò, e non solo dal punto di vista della specie, ma anche diversificandosi, nell'ambito della stessa specie, in funzione delle caratteristiche ambientali peculiari in cui quella certa pianta risiede.


Ciò significa che a livello teorico le piante, a prescindere da interventi esterni umani, sarebbero perfettamente in grado di realizzare sempre le condizioni ideali per la loro sopravvivenza. In altre parole, rispettando le associazioni di specie spontanee luogo per luogo (ecosistemi), noi saremo in grado di creare un giardino virtualmente autonomo dal punto di vista del suo sostentamento e teoricamente quasi immune da attacchi parassitari ordinari. Ovvero, se conoscessimo e rispettassimo tutti gli equilibri predisposti dalla Natura, potremo realizzare l'utopia di un giardino sostanzialmente privo di costi di manutenzione.


Naturalmente non basterebbe però intervenire in siffatto modo solo nel nostro più o meno piccolo giardino... Purtroppo se tutt'intorno lo squilibrio detta legge, ignorando la tutela del paesaggio, anche il nostro piccolo eden privato ne è irrimediabilmente compromesso. Il "paradiso separato" non ha alcuna realistica possibilità di sopravvivenza.


Il paesaggio non è solo un'idea romantica: è un concetto chiave su cui bisognerà tornare spesso. Qui vale la pena considerarlo da una prospettiva recente: quella della cosiddetta ecologia del paesaggio. Con ciò si intende lo studio ai fini di tutela delle associazioni naturali e culturali storicamente affermatesi sul territorio. In altre parole, esiste una tendenza a definire una serie di aspetti riconoscibili relativi alla conformazione complessiva di un luogo (natura integrata con gli insediamenti umani), capace di esprimerne una certa riconoscibilità.


Una metafora forse può chiarire meglio il senso: le città europee sono spesso riconoscibili (e distinguibili l'una dall'altra) soprattutto in virtù di certe caratteristiche urbanistiche e monumentali per lo più situate nei loro centri storici. Oltre le "antiche mura", il più delle volte regna la disperazione del sempre uguale e ogni città sembra sempre la stessa, al nord come al sud, ai monti come al mare, entro come fuori dai confini nazionali.


Questo perché da una certa epoca in avanti il ruolo dell'economia ha assunto una funzione primaria, subordinando ogni altro aspetto dell'esistenza. Il tempo e lo spazio sono stati assoggettati al referente denaro e all'ossessivo bisogno di profitto. La qualità della vita è progressivamente scaduta e forse proprio in questo ultimo decennio ha superato il suo punto di equilibrio (o di non-ritorno?!) in modo ormai palese per quasi tutti.


Ciò che vale per il territorio urbano vale naturalmente anche per quello extraurbano. Le necessità produttive e la dipendenza dalle mode (si veda per esempio l'attuale passione per l'olivo), ha piano piano sconvolto l'ambiente. D'altronde le mode trovano terreno fertile laddove si è instaurato un meccanismo perverso, dove la qualità della cultura è stata sostituita dalla quantità di informazione. E l'informazione non è adatta al pensiero propriamente detto. Essa al massimo può dare adito all'opinione, cioè a qualcosa di facilmente addomesticabile, appunto.


Ciononostante per contrastare uno sfacelo ormai evidente e generalizzato si è cominciato a parlare di salvaguardia paesaggistica, riprendendo concetti analoghi a quelli che a suo tempo hanno interessato la definizione urbanistica dei centri storici. Così sono in corso i primi tentativi di definire alcuni contesti paesaggistici da sottoporre a tutela, per esempio attraverso un controllo delle specie botaniche introdotte e delle modalità di impianto.


Così procedendo, appare evidente che in un futuro non lontano anche la realizzazione di ogni giardino avrà bisogno di un progetto convalidato da specialisti. Il cosiddetto verde per il verde non avrà più senso: bisognerà finalmente rendersi conto anche delle altre sfumature cromatiche che la natura ci può fornire, e questo sarà un gran bene per un tentativo di recupero della qualità della vita prima che sia troppo tardi. Potremo forse cominciare a pensare a quell'albero non come a una montagna immutabile e magari un po' noiosa, ma come a un nostro contemporaneo, con qualche esigenza e con tante virtù. Insomma, uno dei nostri, a cui dobbiamo molto più di quel che possiamo immaginare.


Zuliani Vivai Piante

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